NAPOLI – Un silenzio indelicato attraversa la sala quando la Arvigo entra in scena. Aspettativa, sorpresa, apprensione, tutto nel pubblico confluisce nel respiro salvifico e tragico della maschera antiradiazioni. Saremo a Cernobyl, poi a Nagasaki, infine nella necessità della memoria nella sua veste di pedagoga dell’umanità. La Arvigo, nella sua presenza scenica, è delicata come la fuliggine radioattiva che cadde quel maledetto Aprile del ’86. Ogni gesto è necessario, ogni pausa si offre alla cadenza biologica di quelle vite minime raccontateci dall’attrice. La scelta dell’essenzialità della mise en scène è funzionale al tipo di comunicazione dovuta a queste storie grevi. Quello che resta al pubblico è il sapore minerale ed imperdonabile di una verità scomoda. Un’ammissione d’idiozia. Lo spettacolo “I monologhi dell’atomica”, di e con Elena Arvigo, apre la stagione del Teatro Elicantropo a Napoli all’insegna di uno dei valori fondamentali che il teatro italiano dovrebbe avere, quello di coscienza collettiva. Se ne raccomanda la visione, poiché a volte è necessario guardarsi allo specchio e non piacersi.